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Ritorna il leopardo delle nevi: successo di Ev-K2-Cnr

Nel Parco Nazionale dell’Everest accertata – anche mediante un’eccezionale prova fotografica – la presenza stabile di alcuni esemplari. Un’importante inversione di tendenza dopo l’estinzione nell’area, avvenuta negli anni ‘60

Il leopardo delle nevi, classificato come specie gravemente minacciata dall’International Union for the Conservation of Nature, ha fatto ritorno, in maniera stabile, nell’area del Parco Nazionale del Sagarmatha (il nome nepalese dell’Everest). A dare la notizia è l’équipe di ricerca in ‘Scienze ambientali’ di Ev-K²-Cnr, guidata dal prof. Sandro Lovari dell’Università degli Studi di Siena, che ha avviato un progetto su ‘Conservazione della biodiversità: la comunità di grandi mammiferi e la comunità ornitica’ e che da tempo si occupa della conservazione di questo grande carnivoro attraverso un progetto specifico del Comitato Ev-K²-Cnr ‘Vanishing tracks on the roof of the world’. 

"Negli anni ’60 la specie era sostanzialmente estinta nel parco, a causa dell’attività illegale di ‘protezione’ a difesa degli allevamenti e di quella dei bracconieri”, dice Sandro Lovari. “I primi segni indiretti del ritorno del leopardo datano al 2002, con il rilevamento della forte diminuzione dei piccoli di tahr, particolare specie di capra selvatica che vive sulla catena dell’Himalaya e una delle prede preferite del leopardo delle nevi ‘Uncia uncia’. Nel 2003 invece è stato rinvenuto il primo escremento e c’è stato il primo incontro con un esemplare, del quale sono state scattate alcune fotografie”. La presenza occasionale adesso si è però consolidata, con almeno tre individui di cui due residenti, mentre nel bosco intorno a Namche (3400 metri d’altezza) è presente anche il leopardo comune ‘Panthera pardus’, del quale vivono nel Parco almeno altri due esemplari. “Queste cifre”, spiega Lovari, “ci danno l’idea della lentezza con cui si ricostruisce il patrimonio faunistico, che in pochi decenni l’uomo è riuscito quasi a distruggere”.

Il progetto di ricerca è stato attuato nell’ambito della collaborazione siglata tra il Comitato Ev-K²-Cnr, il Wwf Nepal – con l’avallo del Wwf International - e il Parco Nazionale del Sagarmatha, istituito a tutela di questo fragile ecosistema himalayano messo a rischio dalla crescente pressione turistica. 

Lo studio ha tenuto conto, prevalentemente, delle analisi dei segni di presenza (impronte ed escrementi) e di quelle genetiche prevedendo anche una serie di conteggi mensili ed annuali delle prede oltre che lo studio dell’alimentazione. “Subito dopo il periodo delle nascite di tahr, il leopardo delle nevi si ciba per il 70% dei piccoli di questo ungulato”, prosegue Lovari. “Nei mesi autunnali questa percentuale tende a scendere fino al 30-35% e la sua dieta si sposta verso il mosco, un cervide primitivo, e verso il bestiame domestico”.

L’ultima documentazione relativa al ritorno del leopardo è costituita dalle fotografie realizzate proprio nei giorni scorsi dal prof. Luca Rossi, collega di Lovari. “Si tratta di un ulteriore segno di ‘acclimatamento’ di questa specie”, conclude Lovari, “che in passato ha avuto molte ragioni di temere l’uomo (gli allevatori locali lo uccidevano avvelenandolo o lapidandolo), mentre non sono mai state registrate aggressioni del leopardo delle nevi verso l’uomo”.

 

 

Foto copyright: foto realizzate dal prof. Rossi 

Namche (Nepal)-Roma, 3 maggio 2007

 

La scheda

Che cosa: progetto Ev-K²-Cnr per la salvaguardia del leopardo nepalese delle nevi

Chi: Comitato Ev-K2-Cnr

Per informazioni: Sandro Lovari, Università degli Studi di Siena,tel. 0577/298955, e-mail: lovari @ unisi.it

Agostino Da Polenza, Comitato Ev-K2-CNR, tel. 035/3230561-2, e-mail: pyramidstaff @ gmail.com 

 

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